媒体报道

24.05.2021

Brexit e regime del call-off stock: le indicazioni del Comitato IVA

Il Sole 24 Ore – NT Plus

Brexit e regime del call-off stock: le indicazioni del Comitato IVA
Il 5 marzo scorso sono stati pubblicati gli orientamenti emersi dalle recenti riunioni del Comitato IVA.
In particolare, nel corso del suo 117° meeting, il Comitato IVA si è espresso in merito al trattamento IVA delle merci spedite o ricevute dal Regno Unito in regime di “call off stock” prima dello spirare del periodo transitorio ed estratte successivamente; secondo il Comitato il corretto trattamento dell’operazione deve essere individuato con riferimento al momento della originaria spedizione, con la conseguenza che qualora sia possibile provare l’inizio del trasporto in una data antecedente al 31 dicembre 2020 permane il regime intracomunitario dell’operazione connesso con l’estrazione del bene da parte dell’acquirente.

Contratto di call off stock
Tale fattispecie contrattuale, frequentemente utilizzata nel commercio internazionale, si basa essenzialmente sul trasferimento di beni, di proprietà del fornitore, da uno Stato UE a un deposito esclusivo del cliente in altro Stato UE; tuttavia i beni rimangono nella proprietà del fornitore e la cessione avverrà nel momento in cui il cliente preleva i beni, in base alle sue esigenze, divenendone proprietario solo all’atto del prelievo. Come regola generale questa situazione darebbe luogo a una cessione c.d. “assimilata” nello Stato membro di partenza dei beni – per effetto del mero trasferimento del bene per esigenze della propria impresa – e ad un acquisto intracomunitario c.d. assimilato (nello Stato membro di arrivo dei beni), seguiti da una cessione «interna» nello Stato membro di arrivo, obbligando il cedente ad essere ivi identificato ai fini dell’IVA per adempiere agli obblighi IVA. Ciò nonostante, prima dell’emanazione della citata Direttiva, diversi stati membri (tra cui anche l’Italia) consentivano di trattare tali operazioni come ordinarie operazioni intra-comunitarie differendo il momento di effettuazione all’atto del prelievo, sollevando il cedente dall’obbligo di identificazione IVA.
L’esigenza di dettare una disciplina uniforme a livello unionale scaturiva proprio dal fatto che per essere pienamente efficace, tale semplificazione doveva essere garantita tanto nello Stato di partenza quanto nello Stato di arrivo dei beni, ma non tutti gli Stati Membri riconoscevano tale “semplificazione” con evidenti complicazioni per gli operatori, costretti a verificare caso per caso la necessità di identificarsi in altro Stato Membro.
Ad oggi, detto regime ha finalmente trovato piena attuazione con l’introduzione dell’art. 17- bis della Direttiva IVA , che al comma 1 prevede come regola generale che non sia “assimilato” a una cessione di beni effettuata a titolo oneroso il trasferimento, da parte di un soggetto passivo, di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro in regime di call-off stock, qualora siano rispettate le seguenti condizioni:
a. i beni sono spediti o trasportati da un soggetto passivo, o da un terzo che agisce per suo conto, verso un altro Stato Membro, in previsione del fatto che tali beni saranno ivi ceduti, in una fase successiva e dopo il loro arrivo, a un altro soggetto passivo che ha il diritto di acquisire la proprietà di tali beni in conformità di un accordo esistente tra i due soggetti passivi;
b. il soggetto passivo che spedisce o trasporta i beni non ha stabilito la sede della propria attività economica né dispone di una stabile organizzazione nello Stato Membro verso cui i beni sono spediti o trasportati;
c. il soggetto passivo destinatario della cessione di beni è identificato ai fini IVA nello Stato Membro verso cui i beni sono spediti o trasportati e la sua identità e il numero di identificazione IVA attribuitogli da tale Stato Membro sono noti al soggetto passivo di cui al punto precedente, nel momento in cui ha inizio la spedizione o il trasporto;
d. il soggetto passivo che spedisce o trasporta i beni annota il loro trasferimento in apposito registro e inserisce nell’elenco riepilogativo (di cui si dirà) l’identità del soggetto passivo che acquista i beni e il numero di identificazione IVA attribuitogli dallo Stato Membro verso cui i beni sono spediti o trasportati.
Qualora le predette condizioni siano soddisfatte al momento del prelievo da parte dell’acquirente e purché il trasferimento della proprietà abbia luogo entro il termine di 12 mesi dall’arrivo dei beni nello Stato Membro verso il quale sono stati spediti o trasportati, si realizza l’operazione intracomunitaria. Diversamente tornano applicabile le regole generali previste in caso di trasferimento intracomunitario per esigenze della propria impresa con obbligo per il cedente di adempiere alle formalità connesse all’acquisto intracomunitario nel paese di destinazione mediante un proprio numero di identificazione IVA, a meno che i beni non vengano restituiti al cedente (paragrafi 5 e 6 dell’art. 17-bis).

I chiarimenti del comitato IVA sugli effetti della Brexit
Posto che successivamente al 31.12.2020 i trasferimenti di beni tra il Regno Unito e gli operatori UE danno luogo ad operazioni doganali di importazione ed esportazione, era sorto il dubbio su quale regime applicare alle operazioni a cavallo di tale data, in considerazione del fatto che il passaggio della proprietà avviene dopo la Brexit, mentre l’invio fisico dei beni era avvenuto ante Brexit, in un regime, per così dire, “sospensivo” degli obblighi comunitari; su tali aspetti è intervenuto dunque il comitato IVA che ha fornito indicazioni circa la gestione delle forniture di beni trasferiti prima dello spirare del periodo transitorio, ma perfezionatesi solo successivamente. Nel caso di beni spediti nell’ambito di un contratto di call-off stock nel corso del 2020 dal Regno Unito a clienti UE ed estratti dal deposito nel territorio comunitario a partire dal 1° gennaio 2021, l’acquirente comunitario è tenuto all’annotazione su apposito registro, nonché ai conseguenti obblighi dichiarativi connessi all’effettuazione dell’acquisto intracomunitario, ancorché l’acquisto comunitario si consideri perfezionato post Brexit.
Analogamente, nell’ipotesi contraria di beni spediti in regime di call-off stock nel 2020 da uno Stato Membro verso il Regno Unito, l’estrazione del bene da parte del cliente UK determina per il cedente comunitario gli obblighi documentali e dichiarativi connessi alla realizzazione della cessione intracomunitaria.
L’applicazione, per così dire estensiva, del regime di call-off stock per le operazioni a cavallo della Brexit non si estende ai resi di tale merce: dal 1° gennaio 2021, infatti, la restituzione dei beni al fornitore UK non può conservare natura intracomunitaria e, ancorché l’operazione di reso sia intervenuta nel termine dei 12 mesi, la stessa dovrà essere considerata quale esportazione. Oltre alle conseguenti formalità doganali, il fornitore comunitario dovrà, dunque, provvedere all’annotazione nell’apposito registro al fine di attestare l’effettiva uscita della merce dal territorio dell’UE.
Allo stesso modo, nell’ipotesi di beni giunti nel Regno Unito nel corso del 2020 nell’ambito di un regime di call-off stock e rispediti in uno Stato membro nel 2021 (sempre entro il termine di 12 mesi), il comitato IVA concorda all’unanimità che tale restituzione sia considerata quale reimportazione di beni da esentare dall’IVA, purché siano soddisfatte le condizioni per la franchigia doganale.
Al fine di sostenere l’esenzione dell’operazione, si rivela ancora una volta decisiva la corretta tenuta del registro delle movimentazioni, nonché la documentazione doganale d’importazione.

报名

谢谢您注册

您很快就会收到一封发送到您的电子邮件地址的确认信.

继续航行 +