
Rassegna Stampa
Advisor strategici per avviare in azienda la settimana corta
Il Sole 24 Ore;
Nuove frontiere. Avvocati e consulenti del lavoro assistono le grandi realtà nei primi esperimenti per ridurre gli orari e riorganizzare la produzione.
Si fa presto a chiamarla settimana corta. Parliamo dell’esperimento, avviato da alcune grandi aziende, di riduzione dei giorni di lavoro. In realtà si tratta di una scelta che comporta una riorganizzazione del modello produttivo avviato soprattutto per attrarre talenti o trattenere figure professionali strategiche. Davanti a queste esigenze sono chiamati in causa, e lo saranno sempre di più, avvocati giuslavoristi e consulenti del lavoro per accompagnare le aziende nell’affrontare una rimodulazione degli orari, scardinando lo schema classico del lavoro subordinato che lega il tempo alla retribuzione.
Il post pandemia non ha portato solo all’affermazione dello smart working, ma ad una più profonda revisione dell’organizzazione aziendale. «Si comincia a lavorare su un concetto di patto di produttività – spiega il consulente del lavoro Gianluca Petricca, managing partner e founder di NexumStp – con una riorganizzazione dell’orario di lavoro che lascia maggiore tempo alle necessità della vita privata». Ma ridurre la prestazione lavorativa non deve incidere sui livelli di produttività e sullo stipendio. Aggiunge il consulente: «È necessario che l’azienda abbia la capacità di analizzare tutti i dati che la riguardano, non basta il focus sulla riduzione dell’orario di lavoro. Sta poi al consulente insieme al manager delle risorse umane cercare di risolvere le problematiche organizzative».
Per ora gli accordi sono in fase sperimentale (in questo senso si sono mosse, tra le altre, Intesa San Paolo, Essilux e Lamborghini) perché le aziende vogliono capire se una settimana lavorativa più breve possa garantire lo stesso rendimento. «Introdurre la settimana corta richiede al consulente una conoscenza approfondita dell’impresa – spiega l’avvocato Luca Garramone partner di Orsingher Ortu – Avvocati associati – Inoltre, si apre una dialettica sindacale sul tema dell’invarianza salariale. Il nostro ruolo è farci interpreti delle esigenze aziendali e trovare gli strumenti più adatti per assicurare la massima produttività e il rendimento desiderato, migliorando contemporaneamente il benessere dei dipendenti».
Ogni azienda ha le sue peculiarità e un vestito come la settimana corta deve essere ritagliato su misura. Così può essere declinato in molti modi: «I nodi da sciogliere sono tanti – aggiunge l’avvocato Ottavio Sangiorgio, associate partner, Pirola Pennuto Zei & Associati -; occorre capire se escludere giorni specifici della settimana dall’accordo; individuare i destinatari, tra i lavoratori, la cui attività sia compatibile con l’accordo; decidere se per compensare si possa attingere ai permessi o alla banca ore dei partecipanti».
Dalle prime esperienze attivate, all’inizio l’adesione è timida e poi va a crescere. «Ma – aggiunge Sangiorgio – i benefici sono stati evidenti sia sul fronte del benessere dei dipendenti, che si traduce spesso anche in un calo delle assenze per malattia, sia su quello di un sostanziale aumento della produttività aziendale». Un passaggio importante nell’affrontare la settimana corta è sicuramente il dialogo con le rappresentanze sindacali delle aziende. «Gli elementi caratterizzanti la dialettica – riassume l’avvocato Gianpiero Belligoli, senior partner dello studio Belligoli e vicepresidente Agi (associazione avvocati giuslavoristi Italiani) – sono la temporaneità della scelta, l’individuazione delle categorie lavorative destinatarie, la valutazione della diversità di trattamento in presenza di impiegati, quadri e operai e della compatibilità con le prestazioni su turni, l’individuazione degli istituti sui cui far leva, come permessi individuali retribuiti».
Nello stilare un identikit dell’azienda che può aspirare ad affrontare la settimana corta, non c’è un settore escluso a priori, ma il primo requisito è che sia in salute e con la possibilità di investire in una radicale trasformazione dell’organizzazione e sul capitale umano. L’azienda deve sentire la necessità di attrarre o mantenere risorse. Contano le dimensioni: soprattutto serve che il personale sia sufficiente per coprire i turni che resterebbero scoperti. «Per il giuslavorista è una frontiera nuova – conclude Belligoli – per ora limitata ad importanti realtà industriali e non, dove la dialettica sindacale è ad uno stadio avanzato e dove l’organizzazione del lavoro lo consente. Diventa più problematico dar seguito a iniziative del genere di fronte a realtà più piccole spesso collocate all’interno di una filiera che decide tempi e modi di richiesta della produzione».