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Crisi d’impresa, la profilazione aiuta a trovare l’esperto giusto. Le prime procedure: “Cruciali tempi brevi e dialogo con l’azienda”
Il Sole 24 Ore; NT+ Diritto
L’avvio delle prime procedure di composizione negoziata ha evidenziato, da un lato, alcuni ostacoli, ma dall’altro anche la centralità della nuova figura dell’esperto. Come dimostrano anche le prime testimonianze dei professionisti coinvolti.
«Il sistema di selezione degli esperti – spiega l’avvocato Alessandro Riccioni dello studio Cicala Riccioni che nel ruolo di esperto ma anche di consulente di impresa ha affrontato alcune composizioni negoziate – prevede dei meccanismi che potrebbero essere migliorati. La gestione della crisi di impresa non si impara nei corsi, ma è frutto di una lunga esperienza. Al professionista si chiede un ruolo attivo e propositivo, di supporto all’imprenditore. Non sempre si riscontra un’adeguata preparazione». L’avvocatessa Valeria Mazzoletti partner di Orsingher Ortu si è trovata nel ruolo di consulente dell’ esperto e ha osservato quanto non sia un compito facile: «Dovrebbe avere esperienze pregresse – commenta – essere capace dal punto di vista sia giuridico sia tecnico. In una procedura a cui ho assistito l’esperto era molto bravo, ma l’impresa non sempre lo metteva al corrente delle operazioni avviate. Con la spiacevole conseguenza che l’esperto si è trovato in una sorta di ruolo di poliziotto». Emergono tutte le difficoltà culturali di questa nuova procedura: l’imprenditore a volte considera l’esperto solo per la negoziazione con i creditori. Sul delicato ruolo di questi professionisti, per Paolo Manganelli, presidente di Krino, l’associazione che raccoglie una trentina di studi legali che si occupano di crisi di impresa, servirebbero linee guida: «sarebbe importante riuscire a creare una sorta di registro di valutazione degli esperti, per selezionare i più virtuosi». Ma al di là dell’abilità, l’esperto incontra sempre grandi difficoltà nel raccogliere il consenso dei creditori, un po’ per lungaggini decisionali e un po’ perché le proposte sono spesso penalizzanti. «La composizione può funzionare – è convinzione di Luca Jeantet, co-responsabile del dipartimento restructuring di Gianni & Origoni – se l’esperto è messo nella condizione di assolvere al proprio ruolo e questo si verifica soltanto se si prepara la fase di ingresso con una proposta ristrutturativa fattibile». Le tempistiche con cui si sceglie questa strada restano fondamentali. Come sottolinea l’avvocatessa Daniela Carloni, partner dello studio legale Iannaccone: «La positiva conclusione della composizione cui ho partecipato come esperta – afferma – è legata all’avere affrontato per tempo la situazione. In più il professionista deve essere proattivo, indirizzare la negoziazione. Non basta trasferire le proposte ai creditori, bisogna contribuire ad arrivare alla proposta migliore». Aiuta anche una strategia già delineata da parte dell’imprenditore in difficoltà. «L’impresa deve avere le idee ben chiare sul piano di turnaround che vuole seguire – commenta Massimo Di Terlizzi, co-managing partner Pirola Pennuto Zei -. Anche perché ci sono delle misure di salvaguardia, ma dal momento in cui i fornitori vengono a conoscenza della procedura non operano più in piena tranquillità». Pesano anche le difficoltà delle banche nell’accogliere questa procedura. Ma non solo. Come sottolinea l’avvocato Matteo Pasculli partner di DWF che è stato sia un consulente dell’esperto che dell’ente creditore «il set documentale consegnato agli istituti di credito è spesso insufficiente. È necessario che chi si occupa di questo sia un esperto che si intende di indebitamento e di procedure concorsuali».
La composizione negoziata resta una via che deve solo essere conosciuta meglio per affermarsi. Ne è convinto Raffaele Di Capua dello Studio Di Capua nel suo ruolo di esperto. «È uno strumento snello e moderno – spiega in conclusione – . Sono rimasto sorpreso dall’operatività tutta telematica di questa procedura».